Come
facciamo a distinguere una difficoltà di apprendimento del calcolo
da un disturbo del calcolo?
Apprendere
è in correlazione con il processo di assimilazione dove assimilare è
“rendere simile a se stessi”. Ogni alunno perciò dovrebbe
rendere simile a sé (farli parte di sè- sono suoi...) gli
apprendimenti attraverso quel processo di assimilazione di abilità
intrapreso grazie all'azione didattica dell'insegnante, che
verificherà e valuterà lo stato finale del processo di
apprendimento,
L'osservazione
sistematica dei processi ma anche dei comportamenti dei miei alunni,
spesso mi ha fatto evitare l'etichettatura dell'alunno con problemi
di apprendimento della matematica come discalculico o con disturbi
cognitivi.
Se
un alunno nelle situazioni di gioco con i compagni o nella normale
quotidianità in classe è in grado di problematizzare la realtà
eseguendo prontamente calcoli mentali, mostrando produzione,
comprensione, procedura nel calcolo, se giocando sa contare avanti e
indietro, mostra conoscenza del concetto di numerosità... perchè
nelle prestazioni che implicano abilità di calcolo orale o scritto
proposte dall'insegnante non ha risultati efficaci?
L'esperienza
mi ha fatto comprendere che il “rendere simile a sè” passa per
il vivere gli apprendimenti facendo esperienza su di sé con la
manipolazione concreta dei fatti numerici, con la formalizzazione dei
percorsi, con l'uso di materiali semplici della quotidianità...Tali
esperienze, si sono dimostrate all'atto pratico memorizzate
nel magazzino
della memoria procedurale e quindi velocemente recuperabili anche in
situazioni diverse.
E' in queste situazioni esperenziali
che un alunno in difficoltà può modificare la sua situazione per il
raggiungere al meglio la normalizzazione poiché il calcolo è in sé
un’operazione strategica che si può apprendere tramite strategie
pertinenti, ma non attraverso procedure meccaniche
A
tal punto è importante per noi insegnanti perseguire nuove strategie
e metodi di apprendimento, consoni alla realtà classe, che esulano
dalla matematica tradizionale volta al tentativo
di sviluppare competenze che affaticano e caricano il sistema
cognitivo.
L'osservazione
sistematica degli alunni a sua volta è importante per definire
difficoltà di apprendimento che diagnosticate sono dovute a veri e
propri disturbi
di una disfunzione cerebrale .
Se
nella quotidianità l'alunno ha difficoltà di orientamento sullo
spazio foglio e negli spazi scolastici, non è in grado di copiare un
disegno alla lavagna, denota difficoltà nella motrocità fine, nel
versare l'acqua nel bicchiere, tende a indossare il cappotto a
rovescio, (difficoltà a livello delle abilità visuospaziali) se 12
lo legge 21, se non sa incolonnare i numeri, non memorizza i fatti
numerici, osservo difficoltà
a livello delle abilità numeriche sulle notazioni numeriche verbali,
sulle notazioni in cifre e sulle grandezze analogiche.
Tali osservazioni mi fanno comprendere che solo la la
somministrazione di prove standardizzate con
adeguate proprietà psicometriche che esaminano la cognizione
numerica, e il calcolo mentale e scritto con indici di accuratezza e
rapidità potranno darmi indicazioni oggettive e operative.
Un'adeguata stimolazione delle componenti compromesse cvoncorrono ad
evitare di trovarsi in presenza di un falso positivo che con
interventi mirati può raggiungere la normalizzazione. La diagnosi di
disturbo del calcolo, giungerà solo se il tale disturbo mostra avere
persistenza e resistenza ai trattamenti di recupero e/o
potenziamento.
difficoltà
di apprendimento del calcolo:
anche se spesso viene sovrapposta a profili tipici della discalculia
(falsi positivi), risulta caratterizzata da una buona modificabilità
che può raggiungere anche la completa normalizzazione attraverso
particolari percorsi d'apprendimento/insegnamento che non prevedano
esclusivamente procedure meccaniche.
disturbo
del calcolo:
è un disturbo evolutivo legato a
disfunzioni del sistema nervoso centrale. Esso
compromette il dominio specifico del numero e del calcolo nei diversi
sistemi che lo compone. Essendo
una condizione clinica patologica geneticamente determinata, è
resistente all’intervento e all’automatizzazione. Con
adeguate modalità di intervento e buone risorse cognitive
compensatorie, può attenuarsi nel tempo, ma non risolversi.
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